Introduzione
Mario Luzi (1914-2005), uno dei maggiori poeti italiani del Novecento, ha vissuto la poesia come un atto spirituale, una liturgia interiore che cerca di dire l’inesprimibile. La sua opera attraversa il dramma della storia, le ferite dell’uomo, l’attesa di un senso.
Il linguaggio come soglia
Per Luzi, la parola poetica è fragile e insieme necessaria: è soglia che apre all’oltre. Non offre risposte definitive, ma custodisce la tensione verso l’invisibile. La sua poesia è spesso orante, non perché confonda arte e preghiera, ma perché riconosce che l’uomo è mendicante di senso e quindi sa porsi su quella soglia.
La fede come cammino
Il Poeta stessa non si presenta come artista confessionale, ma come cercatore. Nelle sue pagine la fede è vissuta come interrogazione, attesa di luce, lotta interiore. Proprio per questo può parlare al credente e al non credente. Il suo linguaggio porta dentro la ferita del tempo e insieme apre alla speranza.
Per il proprio cammino di ricerca
La poesia di Luzi è risorsa preziosa per il cammino di ricerca di ciascuno, perché:
- può essere letta in momenti di meditazione personale e comunitaria;
- aiuta a coniugare bellezza e fede, evitando la riduzione del cristianesimo a moralismo;
- educa al linguaggio simbolico, oggi tristemente impoverito.
Conclusione
Luzi ci mostra che la poesia può diventare via alla trascendenza, educando l’anima a sostare davanti al mistero. La fede non si esaurisce in formule, ma respira nelle parole che aprono al silenzio.
Per approfondire: leggi alcune poesie di Mario Luzi






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