Introduzione
La liturgia di questa domenica ci pone davanti alla questione della giustizia sociale e della responsabilità personale. Dal profeta Amos fino alla parabola del ricco e di Lazzaro, il messaggio è chiaro: non si può vivere nella indifferenza.
Prima Lettura – Amos 6,1.4-7
Il profeta denuncia l’autocompiacimento dei ricchi di Sion, sdraiati su letti d’avorio, indifferenti al crollo del popolo. Non è condannata la ricchezza in sé, ma la cecità sociale che dimentica i poveri.
Seconda Lettura – 1Tm 6,11-16
Paolo esorta Timoteo a “combattere la buona battaglia della fede”, custodendo il comandamento “fino alla manifestazione del Signore”. La vera ricchezza è la fedeltà a Dio, non l’accumulo di beni.
Vangelo – Lc 16,19-31
La parabola del ricco e di Lazzaro è una delle più forti del Vangelo. Il ricco non è condannato per un atto di violenza, ma per la sua indifferenza. Non ha visto (non ha voluto vedere) Lazzaro alla sua porta. L’abisso che si apre nell’aldilà è la conseguenza dell’abisso che lui stesso ha scavato in vita, con la sua incapacità di riconoscere il povero.
Il povero Lazzaro è l’unico personaggio di una parabola ad avere un nome proprio (che significa “Dio aiuta”) mentre il ricco viene ricordato soltanto per la sua condotta dissoluta. Quindi, quella condotta di vita lo porta all’anonimato, alla perdita di identità, mentre Dio dà dignità all’oppresso che tutti dimenticano.
Il messaggio
Le tre letture convergono: la fede è inseparabile dalla giustizia. Non basta una religione rituale; Dio vuole occhi che sappiano vedere, cuori che sappiano condividere. L’indifferenza è peccato grave, perché nega la fraternità.
Per il nostro cammino di fede
- Educarci a riconoscere i “Lazzaro” del nostro quartiere: anziani soli, giovani senza lavoro, famiglie in difficoltà.
- La parrocchia è chiamata a tracciare una mappatura dei bisogni del territorio per costruire progetti concreti.
- Le liturgie domenicali devono custodire il legame tra Eucaristia e carità: ogni Messa è invito a spezzare il pane anche con i poveri.
Conclusione
Il Vangelo ci chiede di aprire gli occhi. Non si tratta di colpevolizzarsi, ma di convertirsi alla compassione. Lazzaro è lì, alla porta: riconoscerlo è riconoscere Cristo stesso. La vera ricchezza non è possedere, ma condividere.
Quell’abisso invalicabile lo costruiamo noi, ogni momento, con gesti di disprezzo e indifferenza. Convertire gli abissi in ponti, le distanze incolmabili in relazioni da costruire e nutrire è l’impegno che ci prendiamo per “combattere la buona battaglia” della nostra fede.






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