Le strade delle nostre città e paesi raccontano storie di fatica e di dipendenza: dall’alcol, dalle sostanze, dal gioco d’azzardo, fino alle nuove dipendenze digitali. La pastorale di strada non può ignorare questi volti. Educare significa accogliere le fragilità senza stigmatizzare, offrendo percorsi di prevenzione e di rinascita.
Fragilità come punto di partenza
La fragilità non è solo mancanza: è anche punto di accesso al mistero della vita. Nel Vangelo, Gesù incontra persone segnate da ferite (il cieco nato, la samaritana, l’indemoniato) e da lì fa nascere storie nuove. La pedagogia di strada parte dal riconoscimento che la vulnerabilità è luogo di incontro con Dio e con la propria umanità.
Prevenzione
- Educazione precoce: parlare con i giovani di rischi e alternative sane.
- Spazi di ascolto: creare luoghi informali dove i ragazzi possano condividere ansie e domande.
- Coinvolgimento comunitario: genitori, insegnanti, oratori, associazioni in rete.
Rinascita
Le storie di chi esce da una dipendenza mostrano che la guarigione è possibile. Servono:
- Percorsi integrati: medico, psicologico, accompagnatore spirituale.
- Relazioni costanti: amici, comunità, esperti.
- Simboli forti: riti, celebrazioni, anche informali; segni che aiutano a voltare pagina.
Attualità pastorale
La parrocchia può diventare spazio di rinascita: ospitare gruppi di auto-aiuto, collaborare con i servizi pubblici, proporre cammini di fede per chi si rialza. Ogni fragilità non è marchio di esclusione, ma porta d’ingresso alla comunità.
Conclusione
Le dipendenze non sono la fine della strada, ma un bivio. Con prevenzione e accompagnamento, la fragilità diventa occasione di nuova vita. È lì che l’Evangelo della resurrezione continua a scrivere storie.






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