Questa sera, davanti al Signore che adoriamo presente nel Santissimo Sacramento, compiamo un gesto che spesso è faticoso: ringraziare. Il Te Deum che canteremo stasera non è una parentesi devota per pochi intrepidi, ma un atto di verità. Perché, se non impariamo a leggere la storia con gratitudine, finiamo per leggerla solo con paura; e la paura, quando gli lasciamo in mano le redini, ci porta sempre nella stessa direzione: muri e nemici.
Facciamo allora risuonare il saluto che Papa Leone ha voluto mettere al centro del Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace: «La pace sia con tutti voi». Non come uno slogan: è la parola del Risorto che non solo augura, ma realizza un cambiamento reale in chi la accoglie. Una pace che il Papa definisce, fin dal giorno della sua elezione, con due aggettivi: disarmata e disarmante.
La pace non è un’idea, ma una realtà da custodire
Se guardiamo all’anno che si chiude, ci chiediamo con franchezza: dov’è la pace? Guerre, linguaggi violenti, tensioni sociali, un tessuto relazionale sempre più sfilacciato, anche nelle nostre case, rancori che resistono, anche tra di noi. Stanchezza, rassegnazione. Eppure il Papa ci invita a rovesciare il paradigma: il problema non è soltanto l’assenza della pace, ma la nostra cecità davanti alla sua possibile presenza, alla grazia di Dio che continua a operare nei cuori, anche quando sono feriti.
Qui si apre per noi una prima via di conversione: disarmare il nostro modo di vedere il mondo. Non per essere ingenui, ma per rifiutare di consegnare al male l’ultima parola. Significa resistere alla tentazione di “militarizzare la coscienza”, quando anche il pensiero si abitua alla logica della forza e la considera inevitabile. Per questo il Papa avverte che, quando la pace viene trattata come un ideale lontano, non ci scandalizziamo più neppure del fatto che la si neghi, o che si faccia la guerra per ottenere la pace.
Ringraziare, stasera, significa riconoscere i segni concreti della pace che Dio ha seminato tra noi: una riconciliazione, un lutto condiviso, un povero aiutato, una parola taciuta per non ferire. Sono piccole crepe nel muro della violenza, ma è da lì che passa la luce della grazia.
Maria Madre di Dio e la pace “disarmante” di un Bambino
Il primo giorno dell’anno civile la liturgia ci pone davanti Maria, la Madre di Dio, e ci conduce a contemplare una scena che, da sola, smonta ogni propaganda della potenza. Dice il Papa: «La bontà è disarmante. Forse per questo Dio si è fatto bambino». Gli angeli cantano «pace in terra» annunciando un Dio senza difese, dal quale l’umanità può scoprirsi amata solo prendendosene cura.
La pace cristiana nasce da questa certezza: sentirci custoditi da Dio. Lui è la nostra sicurezza. E quando una persona si sente davvero amata, accade qualcosa di decisivo: smette di avere bisogno di schiacciare gli altri per sentirsi realizzata. La solennità della Madre di Dio ci parla così di una pace non ingenua, ma generativa; una pace che sa della paternità e maternità di Dio, che resiste alla paura perché custodisce la vita.
Disarmare gli spiriti: una responsabilità quotidiana
Il Messaggio del Papa ci ricorda infine che, per costruire la pace, non basta fermare le armi; occorre disarmare gli spiriti, sciogliere la “psicosi della paura”, sostituire alla pace fondata sulla forza un principio più esigente: la fiducia reciproca. La guerra, infatti, non abita solo nei campi di battaglia; è nei linguaggi, nelle polarizzazioni, nella tentazione di trasformare in armi anche i pensieri e le parole.
Il nostro impegno per l’anno nuovo
Per questo vi affido tre consegne semplici e concrete.
- La prima: disarmare il linguaggio. Scegliamo insieme almeno una guerra da non combattere più, perché spesso oggi la spada è proprio la parola. Lasciamoci alle spalle vecchie ruggini, rimpianti inutili, arroccamenti. Rinunciamo alle parole che feriscono e offendono. Scegliamo le parole che costruiscono, consolano, custodiscono.
- La seconda: disarmare lo sguardo. Cerchiamo ogni giorno un segno di bene, non per fuggire dalla realtà, ma per restare umani dentro di essa, per scegliere con quale sguardo interpretarla e viverla.
- La terza: fare della nostra comunità un laboratorio della pace, una casa dove si disinnesca l’ostilità con il dialogo, si pratica la giustizia e si custodisce il perdono. Comunità così non fanno rumore, non appaiono sui quotidiani o sui social, ma cambiano l’atmosfera in cui si vive, perché rendono credibile un percorso di pace.
Conclusione
C’è una frase del Messaggio che può accompagnarci come soglia tra l’anno che finisce e quello che inizia: «mentre al male si grida “basta”, alla pace si sussurra “per sempre”». Il male fa rumore, la pace, di solito, no; ma la pace ha il respiro dell’eterno.
Stasera diciamo grazie, riceviamo la benedizione del Signore, portiamola nelle nostre case e facciamo una scelta: non consegnare la nostra coscienza alla logica della forza. Affidiamoci a Maria, Madre di Dio, perché ci insegni la fermezza mite di chi custodisce la vita, e accogliamo il saluto del Risorto come inizio dell’anno nuovo: «La pace sia con tutti voi».





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